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Milano in bianco e nero, foto di Sofia Mardegan |
Ho sentito dire che una persona che partecipava alle catechesi familiari di don Valentino Guglielmi, in una delle parrocchie che ha servito come parroco nel veronese, dice: veniva voglia, al termine di correre a dire a tutti quello che avevamo ascoltato e scoperto. Nel leggere questi suoi scritti inediti cogliamo qualcosa di quello che doveva essere il clima di quelle catechesi. Don Valentino intitolò il brano che pubblico, come sempre denso e penetrante, “Accademia”, forse intendendo che quei dottori di cui parla, che fanno teorie sulle persone e sulla loro educazione devono fare altre scoperte, come quelle della trascendenza e unicità della persona. Solo dopo potranno educare. Ma come vedete le mie parole, forse, rovinano tutto. Scheda del 26 gennaio 2005.
Sembra che il dottore, impegnato nelle sue ricerche, debba portare il suo tassello da collocare nel grande mosaico dell’iperuranio, un cielo teoretico, fatto di cartone, le cui stelle orientino la bussola dei naviganti. Taluni dottori non si accontentano di portare il loro tassello, pretendono di rifare tutto il cielo e ovviamente litigano tra di loro.
La prospettiva non è priva di fascino e però nasconde un veleno molto insidioso. Soggioga le persone dividendole in superiori e sudditi, genera l’idealismo di tipo neo platonico o averroistico, il quale trascura l’intelligenza dei singoli e, privilegiando una sorta di intelletto collettivo, misconosce la libertà personale.
Si dice: “dare formazione alle persone” e si decide quando questa o quella sia formata. Le persone non vanno formate, dal momento che ciascuna di esse è unica. Vanno amate ed aiutate a germogliare e a svilupparsi secondo la loro unicità. L’attenzione, che io rivolgo alla persona che mi parla, me ne fa vedere la trascendenza, cioè l’inconfondibilità e la solitudine. Quando vedo questo, senza bisogno che me lo proponga espressamente, saprò trattarla in modo tale da darle sicurezza. Le sarò di aiuto ad uscire dalle sue esitazioni realizzando così il miglior servizio della carità.
La persona, in quanto soggetto trans oggettivo, è unica e sola. Vuol dire che trascende la sua natura e il suo stesso atto di essere, trascende pure la sua famiglia di appartenenza e la categoria sociale e culturale, nella quale vive, e ti manda direttamente e immediatamente a Dio. Si tratta di vedere la sua contiguità con Dio, di accorgersi che il suo valore è dato dall’essere in atto o almeno in potenza partner di Dio. Per questo solo Dio è capace di farti vedere la trascendenza della sua creatura se ti trattieni in conversazione con lui.
Il miglior servizio che puoi offrire ad una persona è esattamente questo: cercarla là dove è unica e sola. Questo esercizio, quando ti ci impegni, ti fa emergere dalla tua mediocrità e ti fa sperimentare il brivido di accorgerti che tu pure sei unico e solo.
Che bellissime parole! Grazie.
Si intrecciano bene con il contesto culturale odierno, dove ciascuno esprime in prima persona mi piace o anche lo scelgo, approvo, lo seguo… è ancora più bello sapere e capire che questo "unicum" può essere a favore di una maggiore vicinanza a Dio e non di una malintesa autonomia, perché esprime quella sicurezza ricevuta della quale si è portatori.