Commento al Vangelo seconda domenica di quaresima (anno B)
Nel Vangelo della seconda domenica di Quaresima si contempla il mistero della trasfigurazione del Signore.
Quest’anno lo leggiamo nel racconto del vangelo di Marco.
Mc 9, 1-9
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Alla domanda di Gesù: “Ma voi chi dite che io sia?” Pietro aveva fatto la sua professione di fede: “Tu sei il Cristo”, e Gesù aveva ordinato loro di non dirlo a nessuno.
A quel punto li ritenne pronti per ricevere la rivelazione su come il Figlio dell’uomo sarebbe stato rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, e quindi che lo avrebbe ucciso e dopo tre giorni sarebbe risorto.
Pietro lo prende da parte e si mette “a rimproverarlo” (Mc 8,32), così si guadagna il rimprovero di Gesù, che lo chiama Satana, perché non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini.
Allora Gesù “convocata la folla insieme ai suoi discepoli” (Mc 8,34) parla a tutti del rinnegare se stessi, di prendere la propria croce e seguirlo, di perdere la propria vita per causa sua, del non vergognarsi di lui e delle sue parole.
Sei giorni dopo questi fatti Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li porta su un alto monte.
Su un monte Abramo porta Isacco per sacrificarlo, su un monte Dio appare a Mosè e parla con lui.
Su questo monte Gesù “fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”
Gesù sapeva che non bastavano le sue parole per aiutare i suoi ad accettare il mistero della croce. Non bastava a loro conoscere la storia di Abramo e del sacrificio di Isacco per capire cosa il Padre aveva in serbo per suo Figlio.
C’era bisogno che loro avessero una percezione della sua divinità nella sua umanità visibile e tangibile.
Così avrebbero potuto capire qualcosa del mistero della passione e morte senza perdere la fede in lui, e continuare a sperare nella risurrezione.
Quel corpo che sarebbe stato trasfigurato dalle piaghe, dai flagelli, dai pestaggi, dalla corona di spine, dalle cadute, dalla crocifissione, avrebbero potuto guardarlo pensando allo splendore di quel mattino sul monte.
Non sono capaci di descrivere lo splendore della divinità che traspare attraverso l’umanità del loro maestro. Solo possono dire che si è “trasfigurato” e che le sue vesti hanno un colore bianco fortissimo, che non si vede su questa terra.
Nessun lavandaio, loro ne conoscono tanti, ne è capace, è qualcosa che supera l’esperienza naturale delle cose.
Appaiono anche Elia e Mosè che parlano con Gesù. Luca dice che su quel monte parlavano della dipartita di Gesù da Gerusalemme, quindi proprio del problema che ha provocato molta fatica a Pietro sei giorni prima, il quale vive un anticipo di beatitudine e tenta di fermare quel momento tanto bello e così allontanarsi dal problema della croce.
Vorrebbe anticipare il cielo costruendo tre tende, per Gesù, Elia e Mosè.
Vorrebbe inglobare e quindi comprendere e controllare, con la sua mente organizzativa e istituzionale, il soprannaturale che li circonda.
Ma le apparizioni del paradiso non si possono contenere nelle tende della terra.
Arriva la nube, che è lo Spirito Santo, e la voce del Padre.
Dopo il battesimo aveva detto a Gesù: “Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”, adesso parla ai tre discepoli e a tutti noi: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E sulla chiarezza di quelle parole la visione scompare.
Adesso hanno il Figlio amato con loro, possono ascoltarlo. Elia e Mosè li hanno nelle scritture, lì possono consultarli.
Gesù ordina loro di non dire niente a nessuno. Loro obbediscono senza capire.
Gesù non è nuovo a questi comandi. La sua verità ha bisogno di gradualità.
Insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni viviamo la nostra quaresima partecipando alla trasfigurazione sul monte e facciamo i nostri propositi: di ascoltare Gesù, di cercare di capirlo, di credere in lui, di non essere di ostacolo al suo cammino, di prendere la nostra croce di ogni giorno e di seguirlo, di cambiare mentalità.
Trasfiguriamoci anche noi lasciando agire lo Spirito Santo nella nostra mente e nel nostro cuore e ascoltando la voce del Padre.