Commento al Vangelo della solennità dell’Ascensione del Signore
L’Ascensione del Signore in cielo che in alcuni luoghi si celebra nel giovedì della sesta settimana dopo Pasqua, esattamente 40 giorni dopo la Risurrezione, noi la celebriamo nella settima domenica dopo Pasqua per motivi pastorali, perché molti possano esistere alla messa dell’ascensione essendo il giovedì giorno lavorativo.
Nell’anno A si legge il racconto dell’Ascensione secondo il vangelo di Matteo. Ecco un mio commento.
Mt 28, 16-20
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Maria di Magdala e l’altra Maria hanno ricevuto dall’Angelo al sepolcro e poi da Gesù risorto e incontrato sulla via il mandato di dire ai discepoli di andare in Galilea perché là lo avrebbero visto.
Gesù fa capire così ai suoi discepoli che le donne stanno nella Chiesa non solo per servirli “con i loro beni” (Lc 8,3) ma per essere testimoni di Gesù risorto, visto e ascoltato.
I discepoli obbediscono e vanno là nella terra dove è cominciato tutto, dove ci sono mescolanze di giudei e pagani. Il regno dell’imperfezione.
Il vangelo li chiama “discepoli” e non apostoli: perché conviene che siano aperti a imparare sempre.
L’apostolo è persona che ha ricevuto un mandato, ha un ruolo, il discepolo invece è uno che impara.
E sono solo undici, altro elemento di imperfezione, non il numero perfetto di dodici.
Inoltre Matteo dice, senza fare distinzioni, che loro dubitano.
Lo vedono, si prostrano, gesto fatto per adorare…credono dunque.
Ma dubitano.
Nell’imperfezione dei discepoli c’è posto per il dubbio.
Forse alcuni dubitano e alcuni credono? O credono e dubitano allo stesso tempo.
Sono loro, i discepoli, che raccontano i loro dubbi fino a farli arrivare al Vangelo di Matteo dove rimarranno testimoniati per sempre.
Gesù non dice nulla di ciò, non si scompone, non rimprovera.
Ha una fiducia illimitata nella forza del potere totale che gli è stato dato in cielo e in terra e che può trasformare i suoi discepoli.
Quel potere rafforza la fede e risponde ai dubbi.
Giovanni Paolo II nella solennità dell’Ascensione del 1984, nella basilica di San Pietro, durante la messa di ordinazione di settanta presbiteri, spiegava: “Il potere che gli è stato dato in cielo e in terra è la forza di offrire se stesso per la vita del mondo: la potenza della redenzione mediante l’amore. Il sacrificio della croce e la risurrezione sono il culmine di questa potenza. Mediante l’Eucaristia, quel “potere” di Cristo – la forza di offrire se stesso per la vita del mondo – viene partecipata quotidianamente dalla Chiesa. Diventa il cuore stesso della sua missione e del suo servizio.” (Omelia 31-V-1984).
Gesù ha fiducia anche che i suoi discepoli seguiranno le sue parole: andate a rendere discepoli, come voi, tutti i popoli. C’è uguaglianza tra voi e loro che vi ascolteranno. Tutti discepoli.
Ecco perché la Galilea: gli interessano tutti i popoli, non più un solo popolo eletto.
Battezzateli, che significa “immergeteli” dentro al nome di Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo.
Immergete “tutti i popoli” nella vita divina della Trinità.
Insegnate loro tutto ciò che ho comandato: insegnate il comandamento nuovo dell’amore, dite loro che vi ho co-mandato, cioè che vi ho “mandato insieme”, dappertutto.
“Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Io sono, che è il nome di Dio rivelato a Mosé, è diventato “io sono con voi”, il nuovo nome di Gesù che è l’Emmanuele, Dio che è con noi tutti i giorni, nonostante che siamo undici, che dubitiamo e che senza l’aiuto delle donne non saremmo riusciti ad arrivare fin qui.