Alcuni dati della storia recente dei Papi possono servire a inquadrare con prospettiva storica le dimissioni di Benedetto XVI dal suo ministero di Romano Pontefice. Il vaticanista Andrea Tornielli, nel suo libro Pio XII. Eugenio Pacelli, un uomo sul trono di Pietro, Milano 2007, alle pag. 556-557 scrive: “Pio XII ha un’altra preoccupazione. Fino a quel momento, i suoi ritmi di lavoro sono stati elevatissimi, senza mai concedergli un attimo di respiro, se si escludono la bravissima siesta dopo pranzo e l’ormai rituale passeggiata «digestiva» di un’ora nei giardini vaticani, peraltro compiuta con le carte appresso, immerso quasi sempre nella lettura. Ma ora quelle strane crisi dì singhiozzo e la gastrite hanno davvero prostrato il già debole fisico di Pacelli. Che teme di poter rimanere invalido e inabile a proseguire il suo ministero. Comincia dunque a meditare la possibilità di una rinuncia, come del resto faranno i suoi successori Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.” Tra i successori citati, la riflessione sulla possibilità delle dimissioni di Giovanni XXXIII é meno conosciuta: Tornielli cita la fonte di questa notizia in una nota: si tratta di una testimonianza inedita di mons. Loris Capovilla, segretario di Giovanni XXIII, riportata nel libro del nipote del Papa, Marco Roncalli, Giovani XXIII. Una vita nella storia, Milano 2006, a pag. 612, e nei giorni successivi all’annuncio di Benedetto XVI ribadita da mons. Capovilla in alcune interviste. Per quanto riguarda il pensiero sule dimissioni di Pio XII, Tornielli continua: “Lo testimonia un suo fidato collaboratore, padre Guglielmo Hentrich: «Il 14 novembre 1957 il papa manifestò il desiderio di abdicare e ritirarsi tra i Trappisti, se non avesse avuto più le forze per governare. Mi permisi di consigliargli i Certosini, ma egli replicò che preferiva i Trappisti perché conducevano una vita più dura dei Certosini».” Tornielli aggiunge le testimonianze di due nipoti di Pio XII, Marcantonio e Carlo: “«II S. Padre» ha dichiarato Marcantonio Pacelli «si curava perché desiderava restare efficiente. Carlo una volta mi disse che il papa, parlandogli del suo stato di salute, gli avrebbe detto che in caso di sua inabilità avrebbe preso in esame la possibilità di una sua rinuncia.» Anche suor Konrada Grabmair, la cuoca dell’appartamento papale, conferma il pensiero di Pio XII: «Quando si ammalò, nel timore di non poter guarire, pensava di ritirarsi e lasciar liberi i Cardinali di eleggere un successore. Ricordo che diceva: “Son tempi difficili e
la Chiesa non può essere diretta da un papa che non può dare tutto se stesso”». Parole che sembrano richiamate nella dichiarazione di Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013: “nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. Pio XII, spiega Tornielli, “aveva in animo di trascorrere gli anni che gli restavano in cura d’anime. «Vado a Rorschach – diceva – a fare il cappellano»”. Rorschach, é una località sul lago di Costanza, dove Pacelli si era recato, ai tempi della nunziatura a Monaco di Baviera, per brevi periodi di vacanze di lavoro, nell’istituto Stella Maris delle suore della Santa Croce. “E avrebbe attuato questo suo desiderio se i medici non lo avessero assicurato che si sarebbe riavuto bene e avrebbe potuto lavorare”. Tornielli riferisce anche le parole di Cesidio Lolli, che al tempo di Pio XII era redattore e vicedirettore dell’Osservatore Romano: «L’ho sentito più volte esprimere la speranza di avere una malattia breve al termine dell’esistenza terrena, e di avere un solo giorno di lucidità, pur sempre rimettendosi completamente alla volontà di Dio. Come immaginare – diceva – un papa infermo per lungo tempo? Meglio la rinuncia.» Dunque non solo il diritto canonico e la teologia spiegano che il Papato è un ministero ricevuto che non comporta, di per sé, di essere portato avanti fino alla conclusione della vita, anche la storia della chiesa antica e recente. Anche i papi del secolo ventesimo lo sapevano bene, conoscevano la gravità dell’eventuale decisione, ma non escludevano dai loro doveri il considerare, se fosse stato necessario, per il bene della Chiesa, la possibilità di lasciare ad un altro quel ministero così importante e gravoso, ricevuto dalla Chiesa, attraverso i cardinali, su ispirazione dello Spirito Santo, in spirito di obbedienza.
la Chiesa non può essere diretta da un papa che non può dare tutto se stesso”». Parole che sembrano richiamate nella dichiarazione di Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013: “nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. Pio XII, spiega Tornielli, “aveva in animo di trascorrere gli anni che gli restavano in cura d’anime. «Vado a Rorschach – diceva – a fare il cappellano»”. Rorschach, é una località sul lago di Costanza, dove Pacelli si era recato, ai tempi della nunziatura a Monaco di Baviera, per brevi periodi di vacanze di lavoro, nell’istituto Stella Maris delle suore della Santa Croce. “E avrebbe attuato questo suo desiderio se i medici non lo avessero assicurato che si sarebbe riavuto bene e avrebbe potuto lavorare”. Tornielli riferisce anche le parole di Cesidio Lolli, che al tempo di Pio XII era redattore e vicedirettore dell’Osservatore Romano: «L’ho sentito più volte esprimere la speranza di avere una malattia breve al termine dell’esistenza terrena, e di avere un solo giorno di lucidità, pur sempre rimettendosi completamente alla volontà di Dio. Come immaginare – diceva – un papa infermo per lungo tempo? Meglio la rinuncia.» Dunque non solo il diritto canonico e la teologia spiegano che il Papato è un ministero ricevuto che non comporta, di per sé, di essere portato avanti fino alla conclusione della vita, anche la storia della chiesa antica e recente. Anche i papi del secolo ventesimo lo sapevano bene, conoscevano la gravità dell’eventuale decisione, ma non escludevano dai loro doveri il considerare, se fosse stato necessario, per il bene della Chiesa, la possibilità di lasciare ad un altro quel ministero così importante e gravoso, ricevuto dalla Chiesa, attraverso i cardinali, su ispirazione dello Spirito Santo, in spirito di obbedienza.