Fin dai primi istanti della vita del Figlio di Dio su questa terra la povertà ha pervaso la sua esistenza; solo pochi giorni dopo, l’oscura minaccia del re Erode, geloso del suo potere, costringe la Sacra Famiglia alla fuga in Egitto. Passano pochi anni, e, di fronte all’inspiegabile comportamento di Gesù dodicenne che si ferma nel Tempio di Gerusalemme all’insaputa dei suoi, la Madonna e san Giuseppe non comprendono le sue parole, come l’evangelista afferma senza mezzi termini. La vita della Madonna, che pur nasce e si sviluppa all’insegna della fede, come risposta alla chiamata di Dio, non per questo non conosce difficoltà e oscurità, che culminano nella “notte” della Croce. La sofferenza indicibile della Madre di fronte al supplizio del Figlio Crocifisso non potrà mai essere da noi sufficientemente compresa.
MARIA, LUCE NELLA LOTTA DELLA FEDE
Omelia di don Matteo Fabbri. Novena all’Immacolata, Duomo di Milano 2012
1 dicembre 2012, S. Messa vigiliare della III domenica di Avvento
“Se tu vivi con Dio, rifuggi dalla notte. (…) Chi è con Dio cammina nella luce e vive in comunione coi fratelli”[1]. Queste parole della liturgia vigiliare della III domenica di Avvento dipingono il quadro della fede cristiana vissuta nell’ambito della vita come vocazione. La nostra fede, lo consideravamo il primo giorno della nostra Novena in onore dell’Immacolata, è destinata a farsi vita, giorno per giorno. La fede diventa un cammino da percorrere. Come dicevamo ieri è un cammino all’inizio del quale c’è la chiamata divina che risuona nel cuore di ciascuno di noi.
Ma non è facile camminare nella luce. Non è facile rifuggire la notte. Ieri concludevano le nostre considerazioni invocando la Madonna come stella del mare, luce per i naviganti. Abbiamo bisogno di questa luce.
Ci serve molto considerare che la stessa vita della Madre di Dio ha conosciuto difficoltà e oscurità di ogni tipo.
Non meravigliamoci quindi che la stessa nostra vita di fede sia una lotta. Il nostro Arcivescovo ha sottolineato con ricchezza di particolari le prove alle quali è sottoposta la nostra fede. Dalle difficoltà che la famiglia come scuola di fede incontra di fronte alle mode e alle abitudini diffuse, alla tentazione di diffidare della definitività, “che induce a vivere di esperimenti e a costruire rapporti che appaiono attraenti per la strana ragione che si possono anche rinnegare”[2]; dalla tentazione dello scoraggiamento che può impossessarsi anche di genitori, educatori, sacerdoti, alla domanda insistente che proviene dalla comodità: “perché complicarsi tanto la vita?” “Non sarà tutto un’esagerazione?”.
La nostra fede si scontra con le difficoltà. La stessa coerenza del comportamento che è intrinsecamente richiesta da una fede matura è messa a dura prova: è molto facile cedere alle passioni, lasciarsi portare dal sentimento, non reggere alla fatica della testimonianza quando si deve nuotare contro corrente.
Contro corrente andò Giovanni il Battista, tanto da pagare con la vita la sua scomoda testimonianza. Egli non è un personaggio alla moda; il criterio del suo comportamento non è quello di attenersi al “politicamente corretto”: proclama piuttosto la verità a gran voce, invitando alla conversione. Mostra che il cammino, la strada che sta preparando per il Signore, non è una strada facile. È una strada affascinante, certamente, ma non facile. Scrive il nostro Cardinale: “Non a caso san Paolo, per indicare l’esistenza del cristiano, usa l’immagine della lotta (cfr. Fil 1, 30; Col 2, 1). Le prove non ci devono bloccare, neppure quelle causate dalla nostra fragilità. Persino il peccato, se riconosciuto con dolore, confessato e perdonato, è occasione di crescita. (…) È una strada di conversione”[3].
Noi stessi lo sappiamo perfettamente, perché la nostra stessa esperienza ce lo dice. Quante volte tocchiamo con mano la distanza immensa che c’è tra il desiderio di una vita santa, piena di Dio e le azioni quotidiane. Sembrano quasi mondi separati. La sapienza popolare dice: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Tra il proclamare e il desiderare la vita santa dei figli di Dio da un lato, e la realizzazione concreta di questi desideri dall’altro c’è davvero di mezzo il mare; un mare spesso in tempesta, per giunta. Ci proponiamo volentieri, con slancio, di essere più caritatevoli con tutti e non ci rendiamo conto di rispondere alle persone più care con impazienza o con una indifferenza che ferisce. Dichiariamo la nostra fede cristiana e rischiamo a volte di cedere a vere e proprie ingiustizie nei confronti di colleghi di lavoro perché “così fan tutti”. Proclamiamo il nostro amore fedele, ma poi fatichiamo a vincere le tentazioni della sensualità, ritenendo che in fondo anche in questo non bisogna esagerare con i rigidi divieti. Comprendiamo in profondità la necessità della preghiera per la vita cristiana ma poi non sappiamo trovare il tempo quotidiano da dedicarvi; ci proclamiamo cristiani praticanti, ma a volte preferiamo una scampagnata e rischiamo di perdere la Messa domenicale.
Troppe volte poi prendiamo i desideri per propositi e ci meravigliamo di non riuscire a metterli in pratica. Sembra, con parole di san Josemaría, che la volontà di essere coerenti con la nostra fede sia un “volere senza volere”[4]. Vogliamo, sì, ma non ad ogni costo. Non abbiamo nulla in contrario, per carità, ma neppure ci proponiamo con decisione di incorporare definitivamente alla nostra giornata quella pratica di pietà. Persino certe vite di santi ci sembrano esagerate e ci fanno sorridere… Un sorriso amaro, che non è quello di chi sa riconoscere taluni eccessi di certa agiografia, ma è piuttosto quello di chi tenta di ostentare un certo senso maturo di superiorità, ma che in fondo sa che gli manca decisione, forza, generosità nel perseguire l’ideale. Il Fondatore dell’Opus Dei lo esprimeva con la sua abituale chiarezza: “Sono molti i cristiani persuasi che la Redenzione si realizzerà in tutti gli ambienti del mondo, e che devono esserci delle anime – non sanno dire chi – che contribuiranno con Cristo a realizzarla. Però la vedono con prospettiva di secoli, di molti secoli…: sarebbero un’eternità, se la si portasse a compimento al ritmo del loro impegno. Così pensavi anche tu, fino a quando vennero a “svegliarti”.”[5] O, ancora: “Dalla mancanza di generosità alla tiepidezza non c’è che un passo”[6].
Ma allora la santità sarà davvero possibile? La conversione che desideriamo è un sogno irrealizzabile oppure ha diritto di cittadinanza nella nostra esistenza?
È ancora la liturgia che ci risponde, mettendo sulle nostre labbra la giusta preghiera: “Padre onnipotente, che hai redento l’uomo caduto schiavo della morte e l’hai risollevato a vita nuova con la morte e la risurrezione del Figlio tuo, rendici ogni giorno più conformi a lui…”[7].
La vita cristiana è certamente impegnativa. L’ideale è alto, ma non irraggiungibile. È possibile percorrere questo cammino sostenuti dalla grazia che Gesù stesso ci ha conquistato con il sacrificio della Croce.
Fiducia nella grazia, dunque; e di conseguenza impegno rinnovato per corrispondervi con generosità, giorno per giorno, con la tenacia e la costanza che gli sportivi dimostrano nei loro allenamenti: un giorno pochi secondi in meno, ma il giorno dopo va peggio, e si deve ricominciare. Cominciare e ricominciare, ogni giorno, con slancio rinnovato perché nuova è la grazia che il Signore ci offre.
Come in tutto, la Madonna ci è di incoraggiamento e di esempio. Ci siamo riferiti prima alla Mater dolorosa, alla scena commovente della Madonna ai piedi della Croce, che è seguita dalla deposizione. Molti artisti hanno voluto rappresentare plasticamente quel momento dell’apice del dolore della Madre di Dio, con il Figlio morto tra le braccia. Come non ricordare la Pietà di Michelangelo nella Basilica di san Pietro: un dolore composto e in qualche modo solenne. Ma mi piace ricordare anche che nel nostro Castello Sforzesco è custodita un’altra rappresentazione scultorea di Michelangelo che ritrae lo stesso soggetto: la Pietà Rondanini. Con la sua incompiutezza ci appare aspra e dura, tanto da dare l’impressione quasi fisica del dolore e della morte. Ma un particolare mi ha sempre colpito: tutta la composizione scultorea sembra costruita su un equivoco: è la Madonna che sorregge il cadavere di Cristo, certamente; eppure in qualche momento si ha l’impressione che sia il contrario, che sia cioè la Madonna ad appoggiarsi a Suo Figlio.
Qualunque sia stata l’intenzione dello scultore, possiamo trarre questo un insegnamento: ogni difficoltà si può superare, per quanto dura essa sia, appoggiandoci a Gesù. Egli stesso lo ha detto: “senza di me non potete fare nulla”[8]. O, con le parole profetiche proclamante poco fa: “Stillate cieli dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia.”: la giustizia, la salvezza è un dono di Dio. È Dio stesso che ci salva.
Ma come possiamo entrare in contatto con tutto ciò, con il Sacrificio Redentore, fonte e radice della nostra salvezza? Attraverso i sacramenti. Il Signore conosce la nostra debolezza, e proprio per questo ha voluto che il grande fatto della Redenzione, della Croce, non restasse un evento del passato, caduto nel dimenticatoio della storia. I sacramenti sono l’invenzione divina attraverso la quale oggi possiamo vivere, ricevere, accogliere tutta l’efficacia salvifica del Sacrificio Redentore. Quando per esempio ci accostiamo alla Confessione sacramentale, strumento necessario in via ordinaria per ottenere il perdono dei peccati mortali, nel sentire le parole del ministro che in persona Christi dice “io ti assolvo dai tuoi peccati”, è come se sentissimo risuonare le parole che Gesù ha pronunciato sulla Croce, rivolto al buon ladrone: “oggi sarai con me in Paradiso”[9].
Quando a Messa, come tra pochi istanti, il sacerdote ripete le parole della consacrazione, e si attua la transustanziazione, Cristo è presente, da quel momento, sotto le specie del pane e del vino e si perpetua nei secoli l’efficacia totale del sacrificio redentore: “Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte Signore nell’attesa della tua venuta”[10].
Ricorriamo quindi ai sacramenti con fede. Chiediamo alla Nostra Santissima Madre di aiutarci ad accostarci alla confessione sacramentale, come tante volte ci ha ricordato il nostro Arcivescovo. E quando ci sentiamo deboli, abbandonati, ricorriamo a Maria, secondo quella splendida preghiera di san Bernardo di Chiaravalle: “Se insorgeranno i venti delle tentazioni, se incorrerai negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. (…) Seguendo Lei, non sbagli strada; pregando Lei, non sarai disperato; pensando a Lei, non cadi in errore. Se Lei ti tiene, non cadrai; se Lei ti protegge, non avrai paura; se Lei ti guida, non ti stancherai; se Lei ti è propizia, giungerai alla meta”.
Sia lodato Gesù Cristo
[1]Liturgia vigiliare della III domenica di Avvento, Rito della luce.
[2]Alla scoperta del Dio vicino, n. 12.2.
[3]Alla scoperta del Dio vicino, n. 11.
[4]Cfr. Cammino, n. 714.
[5]Solco, n. 1.
[6]Ivi, n. 10.
[7]Liturgia vigiliare della III domenica di Avvento, Orazione.
[8]Gv 15, 5.
[9]Lc 23, 43.
[10]Ordinario della Messa.
Sempre sia lodato… Monica
Fare attenzione a non ferire con impazienza o indifferenza le persone più care.