Commento al vangelo della V^ domenica (anno B)
Proseguiamo nella V^ domenica del tempo ordinario la lettura del Vangelo di Marco, con la guarigione della suocera di Pietro e, alla sera di quel sabato, di tanti malati che accorrevano a lui.
Mc 1, 29-39
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
Il vangelo di Marco è, nell’opinione oggi più diffusa, il primo ad essere stato scritto e, secondo il vescovo Papia di Ierapoli (70 – 130 d.C.), nella sua opera esegetica Spiegazione dei detti del Signore, dipende dalla predicazione di Pietro a Roma.
In uno dei pochi frammenti rimasti dice che Marco era interprete di Pietro e fu suo discepolo e riferì con precisione quanto sentiva ricordare da Pietro su fatti e detti del Signore.
Ireneo di Lione pochi anni più tardi aggiungeva che Marco lo scrisse a Roma dopo la morte di Pietro. Ripensiamo a questa tradizione quando notiamo in Marco alcuni particolari che paiono essere ricordi “visivi”. Ad esempio fa frequente ricorso all’avverbio “subito” (in greco euzús).
Nel primi due versetti del vangelo di oggi lo usa due volte: “Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea” e “la suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei”.
In tutto il suo vangelo per ben 40 volte dice “subito”, (spesso: “e subito”, kai euzùs), mentre l’avverbio negli altri vangeli è usato solo 5 volte in Matteo, 1 volta in Luca e 3 volte in Giovanni.
Quindi Marco, rispetto agli altri, è molto attento alla descrizione visiva dell’azione e alla rapidità degli avvenimenti.
Ci descrive Gesù che dopo essersi occupato di scacciare il demonio nell’uomo che “subito” lo aveva apostrofato nella sinagoga, “subito” si occupa di guarire dalla febbre la suocera di Pietro.
Di febbre soprattutto allora si moriva, dipendeva come oggi dalla causa, ma ricordiamo che i rimedi erano molto meno efficaci di quelli odierni. La febbre poteva essere una malattia grave, che toglieva la vita.
La guarì prendendola per mano, senza dire una parola: Marco ci fa capire la potenza del tatto del Figlio di Dio, che insieme a tutta la sua corporeità sarà spesso veicolo della sua forza di guarigione.
Venuta la sera possono ricominciare a muoversi, liberi dal riposo del sabato, e gli portano i malati.
Gesù guarisce e libera dal male personalmente ciascuno, ma la sua azione è rivolta a tutti.
Marco sottolinea più volte questa destinazione universale dell’attenzione di Gesù: “tutti i malati”, “tutta la città”, “guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demoni”.
E Simone che gli dice: “tutti ti cercano!” e Gesù replica: “andiamocene altrove, nei villaggi vicini” e quindi andrà in “tutta la Galilea”.
La totalità dell’orizzonte del cuore di Gesù è più grande di quella di Simone, che ha presenti per adesso solo tutti gli abitanti della sua città.
Marco passando a raccontare del mattino seguente, ci dà la sintesi della prima giornata piena di Gesù a Cafarnao e della sua azione: pregare, predicare e guarire, qui scacciando i demoni.
Gesù riesce a fare sintesi di questi due atteggiamenti: ad essere disponibile per tutti, e allo stesso tempo a non essere dipendente dalla folla e dalle richieste, per ritagliare un tempo per stare con il Padre, e per poi andare anche altrove a predicare la bella novità del Vangelo, senza legarsi ad un posto particolare.
Meditare questa sintesi ci può essere di aiuto quando un solo aspetto del nostro agire o della nostra vita ci prende totalmente il cuore. Quando non sappiamo dire di no.
Esce presto al mattino, prima di tutti e va in un luogo solitario a pregare. A Gesù piace pregare nella natura e nella solitudine. Così innanzitutto con il suo esempio insegna a coloro che lo seguono e anche a noi, che Dio lo si trova dappertutto, e non è necessario andare al Tempio per pregare.
Il mondo è uscito buono e bello dalle sue mani, ogni cosa creata ci parla di Lui che l’ha creata, è l’opera che porta in sé la firma dell’autore.
Qui impariamo che Simone era sposato. Cosa confermata da S. Paolo, che in 1Cor. 9,5 ci informa che la moglie (ma anche quelle di altri apostoli) accompagnava Pietro in occasione di viaggi apostolici.
“Guarì molti che erano affetti da varie malattie”. Di fronte ai malati Gesù guarisce, non predica rassegnazione; non li esorta ad offrire la sofferenza a Dio; non li consola dicendo che la sofferenza avvicina maggiormente a Dio.