Quarta domenica in preparazione alla festa di san Giuseppe e quarto “dolore e gioia” della sua vita
Il quarto dolore e gioia di san Giuseppe che si può meditare nella quarta domenica delle sette che precedono la sua festa, riguarda l’episodio della presentazione di Gesù al tempio quaranta giorni dopo la nascita, che nella liturgia si festeggia appunto il 2 febbraio, 40 giorni dopo il 25 dicembre.
Nell’incontro con l’anziano Simeone, che dice di Gesù che è segno di contraddizione, e profetizza a Maria che anche a lei una spada trapasserà l’anima, contempliamo il dolore di Giuseppe per il dolore di Gesù e di Maria, e d’altra parte la gioia di sentir dire dal profeta a Dio che Gesù è “la tua salvezza” “luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo Israele” e che “egli è qui per la risurrezione di molti in Israele”.
Nel mio libro Giuseppe e Maria. La nostra storia d’amore, in questo episodio il dolore lo faccio esprimere da Maria e la gioia da entrambi. Trascrivo un’orazione tradizionale e alcuni passi di quel capitolo del mio libro.
Preghiera
O fedelissimo Santo, glorioso San Giuseppe, che fosti fatto partecipe dei Misteri della nostra Redenzione, se la profezia di Simeone delle sofferenze che Gesù e Maria avrebbero dovuto patire ti causò spasimo di morte, ti colmò anche di grande gioia l’udire che i loro dolori avrebbero provocato la risurrezione di innumerevoli anime. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia ottienici di essere tra quelli che, per i meriti di Gesù e per l’intercessione della Vergine Madre, risorgeranno alla vita nuova.
Giuseppe*
“Decidemmo insieme di portare il sacrificio dei poveri per la purificazione della madre al tempio di Gerusalemme. Insieme pensammo di dare un senso diverso a quel rito della presentazione dicendo a Dio: « Ecco tuo figlio. Ce lo hai donato, ce lo hai affidato, ma è tuo. Te lo offriamo. Tutti crederanno che noi lo riscattiamo, ma noi sappiamo che è tuo da sempre, consacrato a te per la sua stessa origine ».
Andammo con questi sentimenti e con la trepidazione di chi custodisce un segreto con Dio e ha paura che qualche malintenzionato lo possa scoprire o è preoccupato di non stare facendo la cosa giusta agli occhi di Dio. Il nostro amore saldava i nostri cuori e ci dava una grande forza. Nel viaggio, sempre con un solo asinello, ci sorridevamo, complici e felici. E il bambino, in braccio a lei o a me, esprimeva con la sua serenità beata l’amore che vince il timore.
Arrivati al tempio, fummo sorpresi dall’apparire dell’anziano Simeone che, prendendo in braccio il bambino, disse:
« Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele » (Lc 2,29-32).
Ancora una volta la rassicurazione ci arrivava da altre persone. Dio ci lasciava pensare e decidere, nell’incertezza e nel timore, e poi ci mandava qualcuno a darci prova del suo amore per sempre. Qualcuno che ci ripeteva, in modi diversi e con parole nuove, quello che l’angelo ci aveva detto nell’annuncio della nostra chiamata: non temere Maria, non temere Giuseppe. Quando tornavamo a guardare Gesù, insieme, ascoltavamo nel nostro cuore ancora quelle parole: Giuseppe e Maria, non abbiate paura!”
Maria*
“(…) Mi piaceva curare gli animali e allevai i due colombi che avremmo portato per l’offerta. Per me erano un simbolo del nostro matrimonio. Sapevo che sono animali monogami, che stanno insieme tutta la vita. Così davo un altro significato a quel nostro pellegrinaggio al tempio: offrire di nuovo al Signore il mio matrimonio con Giuseppe.
Mentre Giuseppe porgeva i colombi al sacerdote, gli stringevo forte la mano destra con la mia destra. Così, con il figlio, presentavamo anche il nostro amo- re a Dio e lo ringraziavamo per questo dono immenso. Poi Simeone mi chiese di prendere in braccio il bambino e ci benedisse. Compresi che quel nostro presentarlo al Signore aveva un significato ancora più grande:
« Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori » (Lc 2,34-35).
Giuseppe mi vide impallidire. Mi sentii venire meno, mi appoggiai a lui, che mi strinse tra le braccia. Poi il Signore fece in modo che incontrassi Anna, che non vedevo dai miei anni trascorsi nel tempio. Mi riconobbe subito e, ricordando tante cose che ci eravamo confidate, comprese immediatamente la grandezza di quello che mi era accaduto e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme (Lc 2,38). Mi rassicurò con le sue parole e le sue carezze, e io mi ripresi un po’ dal turbamento per le parole di Simeone, che avrei poi meditato per tutta la vita.
* Giuseppe e Maria. La nostra storia d’amore, cap. IX “L’amore che vince il timore”