Commento al Vangelo del primo giorno dell’anno
Nel primo giorno dell’anno, dedicato alla Madre di Dio rileggiamo un passo del vangelo di Luca relativo alla nascita del Figlio di Dio.
L’arrivo dei pastori e la circoncisione otto giorni dopo. Per commentare questo Vangelo ripropongo leggermente adattato un testo preso dal libro Maria. Il mio cuore svelato e un brano tratto da Giuseppe e Maria. La nostra storia d’amore.
Lc 2, 16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
L’esperienza della nascita fu sublime.
La Sapienza di Dio diventata bimbo nel mio grembo volle venire al mondo in un modo non doloroso, pieno di luce, che lasciò integra la mia verginità. Il dolore del parto come conseguenza del peccato dei progenitori non doveva, nel disegno di Dio, accompagnare la nascita de figlio del creatore, che veniva a salvarci da quel peccato. Ne rimasi estasiata e ne conservai la grazia meditandola nel mio cuore.
Giuseppe cercò un luogo dove adagiare il bambino.
C’era una mangiatoia adatta: lo proteggeva dal freddo, gli animali vicini lo scaldavano con il tepore del loro fiato.
Giuseppe prese della paglia nuova e pulita e la sistemò. Il suo mantello ripiegato fece da coperta. Presi dalla sacca le fasce portate da casa. Avvolsi il bambino e lo adagiai. I nostri occhi non si staccavano da lui.
Eravamo avvolti in uno stupore pieno di gioia. Giuseppe mi disse che mi vedeva in estasi di fronte al bambino. Lui cercava ancora legna per il fuoco. E poi cibo e acqua per me. Sapeva che era importante per il mio latte.
I pastori arrivarono in piena notte. Ci stupirono con il racconto degli angeli e il loro messaggio.
Eravamo come spugne che assorbivano ogni cosa che veniva da Dio. Otto giorni dopo, durante il rito della circoncisione, Giuseppe ebbe ancora una titubanza, si voltò verso di me al momento di pronunciare il suo nome. Io con uno sguardo lo incoraggiai.
Doveva essere lui, il padre, a pronunciare il suo nome. Lo pronunciò, e in questo modo dichiarò se stesso come padre e il figlio come Salvatore.
Custodivo nel cuore ciò che era successo e lo meditavo.
Dio mi fece comprendere che aveva permesso circostanze avverse per la nascita di suo figlio per allontanarmi dalla mia gente e proteggere me e il bambino da sguardi non ancora in grado di comprendere.
Gesù era nato nel silenzio di una grotta, senza spettatori.
A Nazaret, o in qualsiasi altro alloggio, sarebbero accorse donne ad aiutarmi, ma il mio mistero doveva essere custodito.
Dio dispose che la nascita del Salvatore restasse un mistero per tutte le generazioni.
A me sola aveva donato la grazia di starvi di fronte senza temerlo. Ad accoglierlo con naturalezza. Ad avvolgerlo di tenerezza.
Quando ricevetti queste luci nella preghiera, le confidai a Giuseppe. Lui accolse le mie parole con un silenzio pieno di commozione. Gli servirono per accrescere la sua fiducia nella protezione di Dio e per affrontare più serenamente le prove successive.
Si rivolse a Gesù neonato, tra le mie braccia, chiedendo perdono di aver avuto poca fede. Così commosse me. Lo strinsi in un abbraccio insieme al bambino e gli dissi per consolarlo: «Anch’io ho avuto bisogno delle spiegazioni di Dio».