Commento al Vangelo della XXXI domenica
La XXXI domenica del tempo ordinario coincide quest’anno con le Solennità di tutti i santi, nella quale leggiamo il vangelo delle Beatitudini, sempre antico e sempre nuovo.
Mt 5, 1-12
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Nella solennità di tutti i santi leggiamo la grandiosa visione dell’Apocalisse: “Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide …Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».”
Gesù aveva già assicurato ai suoi: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”?”.
Questa festa ci rassicura e ci consola: davvero tutti sono chiamati a questa meta e a tutti è offerto un cammino di identificazione con Cristo nella vita terrena, per arrivare alla beatitudine del cielo.
“Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.”.
Centoquarantaquattromila cammini diversi per persone di ogni tribù d’Israele, nessuna esclusa.
Tutti con il sigillo del Dio vivente. Tutti somiglianti e tutti diversi. Tutti identificati con Cristo e ciascuno con la personalità unica che Dio ha creato e il cammino unico che lo Spirito Santo ha disegnato.
Come predicava san Josemarìa: “Dovete essere diversi come diversi sono i santi nel cielo, ognuno dei quali ha le sue proprie note personali e specialissime. E, anche, dovete assomigliare ai santi, che non sarebbero santi se ognuno di loro non si fosse identificato con Cristo” (Cammino, 947).
E ancora: “Ogni situazione umana è irripetibile, è il risultato di una vocazione unica che si deve vivere intensamente, realizzando in essa lo spirito di Cristo”. (È Gesù che passa, 112).
La diversità di ciascuno va contemplata come si contempla un’opera d’arte, va meditata nel proprio dialogo con Dio, che è l’artista che ci ha creati.
“Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio, sono stupende tutte le tue opere”, così recitavamo questo versetto del Salmo 139 fino a pochi anni fa, oggi diciamo: “ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra.”.
La nostra unicità la si può conoscere progressivamente nel dialogo con le persone che ci amano: scopriamo chi siamo e come siamo nel dialogo d’amore. Nello specchio degli occhi che ci contemplano amandoci come siamo.
La somiglianza invece può essere ammirata nelle beatitudini proclamate da Gesù.
Ciascuno dei santi è beato perché ha vissuto sulla terra la povertà in spirito, il pianto nella prova, la mitezza nelle avversità, la fame e sete di giustizia spesso non saziate durante la storia, la misericordia con chi sbaglia e con chi pecca, la purezza e rettitudine nel cuore e nelle intenzioni.
Hanno lavorato per costruire la pace intorno a sé e nel mondo, sono stati perseguitati per la giustizia che hanno cercato e per Cristo insultati e calunniati.
Gesù assicura a tutti costoro che questa è la strada per arrivare a quel cielo di cui parla l’Apocalisse e quindi dice loro: siate beati, non vi rattristate nella vita terrena, anzi, rallegratevi ed addirittura esultate, “perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.
Leggiamo e rileggiamo le beatitudini di Gesù chiedendogli la grazia di vivere comunque la beatitudine anche quando siamo immersi in quelle prove, e di conquistare la beatitudine definitiva del cielo rispondendo in modo personale alla chiamata unica e personale che Dio ci rivolge, con l’aiuto dei santi del cielo, dei defunti che ci vogliono bene e degli amici sulla terra che percorrono con noi la stessa via.