Commento al Vangelo della XXI domenica del tempo ordinario, anno A
Nella domenica XXI del tempo ordinario anno A, che si celebra il 23 agosto, leggiamo il celebre episodio di Cesarea di Filippo, il dialogo di Gesù con i suoi, nella città dedicata a Cesare, ciò che dice la gente di Gesù, la confessione di Pietro sulla divinità di Gesù e l’ordine di non dirlo a nessuno.
Mt 16, 13-20
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Gesù va con i suoi nei pressi della città a cui Filippo il Tetrarca (cfr Lc 4, 1), nel 14 d.C. ha dato il nome di Cesarea, in onore di Tiberio, l’imperatore che domina gran parte del mondo conosciuto, la cui effige sta sulle monete con cui gli si paga il tributo.
E lì, in quel luogo che simboleggia il potere mondano, politico e militare più grande, rivolge ai suoi discepoli due domande su di sé.
Gesù è maestro di relazione, sia nei dialoghi personali che nelle riunioni di gruppo.
La prima delle due domande manifesta attenzione per l’opinione pubblica. Sa e comprende che coloro che lo seguono sono al corrente di quello che dice la gente, forse, come scienza umana, anche più di lui.
Si informa: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?”.
Lo chiede in terza persona citando la figura profetizzata da Daniele e attesa da Israele per la fine dei tempi. Cosi si distanzia da sé e favorisce una risposta oggettiva.
I suoi citano le voci che sentono. Nominano Giovanni Battista, Elia e Geremia: tutti hanno subìto destini di persecuzione.
Gesù li ha preparati con una domanda che non li coinvolge direttamente e ora chiede ciò che gli interessa di più: “Ma voi chi dite che io sia?”.
Domanda bellissima e universale, che rivolge a ciascuno sempre.
Pietro risponde subito: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
Il Vivente, il cui Figlio è “la vita” (Gv 14,6) che è venuto a portare “in abbondanza” (Gv 10,10).
Gesù è pieno di gioia per la grazia di fede che il Padre ha regalato a Pietro e pensa che sia pronto per rivelargli il progetto su di lui.
Gesù è sempre pieno di gioia per la fede in lui di ciascuno, lungo i secoli. E a quel punto svela più facilmente il suo disegno.
Sono a Cesarea, o vi sono passati. Hanno visto il tempio dedicato tre secoli prima al dio Pan dai re tolemaici e il tempio in marmo bianco dedicato da Erode Il Grande all’Imperatore Augusto, cinquant’anni prima.
Hanno ammirato quelle pietre imponenti.
Così rimane loro più impresso che Gesù ha in mente una pietra diversa su cui edificare la sua Chiesa. La pietra angolare che i costruttori hanno scartato, è lui, Cristo, pietra viva, come lui stesso rivelerà e Pietro ripeterà spesso nei suoi discorsi.
Ma la pietra di fondamento che lui stesso sceglie è Pietro.
Un pietra viva, fatta di carne ed ossa, che si sbaglia e che si pente.
Le potenze degli inferi il cui potere in quella città è ben visibile, non prevarranno contro questa Chiesa fatta di pietre vive, di cuori di carne su cui lo Spirito scrive la legge nuova dell’amore.
E dà a Pietro un potere diverso: le chiavi della misericordia, del perdono dei peccati.
E un consiglio che sconfigge la vanità dei discepoli e lo protegge dal dover anticipare la sua ora: per ora non dite che sono il Cristo a nessuno.
Come insegna Qoelet (3,7): “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare” e come spiega l’arcangelo Raffaele a Tobia e a suo padre Tobi, quando svela la sua natura di angelo e motiva perché si è tenuto nascosto prima per manifestarsi al momento giusto: “È bene tenere nascosto il segreto del re, ma è motivo di onore manifestare e lodare le opere di Dio”( Tb 12,7).
“Ma voi chi dite ce io sia?”. La formulazione di questa domanda chiarisce quella precedente “La gente chi dice che sia il figlio dell’uomo?”, dove “il figlio dell’uomo” equivale al pronome personale “io”. Quindi: La gente chi dice che sia io? anche in italiano si può sostituire il pronome “io” con una costruzione alla terza persona. Esempio. “Vedrete, io vincerò”, ma si può dire in un italiano ricercato: “Vedrete, che quest’uomo vincerà”. Qui “il figlio dell’uomo” non è una citazione della figura di Daniele che è “simile a figlio d’uomo”, senza articoli.
Condivido il commento che dice: “domanda…. che rivolge a ciascuno sempre”. Ciascuno di noi è chiamato individualmente a dire chi è Gesù per lui. La pastorale ecclesiale in questi ultimi secoli ha scoraggiato ciascuno di noi a rispondere alla domanda. Il clero soprattutto ha portato via le chiavi della sacra scrittura senza le quali non si può conoscere Gesù e rispondere personalmente alla domanda. Nelle assemblee delle comunità paoline tutti intervenivano. Gli apostoli con il loro carisma, i profeti e le profetesse con le loro profezie, i dottori con la loro scienza e anche chi non sapeva cosa dire parlava in lingue. Nelle assemblee cristiane oggi, parla il prete e gli altri devono tacere.
“Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente” secondo l’autore del IV vangelo (l’unico tra gli evangelisti che dichiara di essere testimone oculare) questa frase è detta da Marta, sorella di Maria e di Lazzaro Gv. 11, 27.
“Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che slegherai sulla terra sarà slegato nei cieli” è la formula con cui i Rabbi promuovevano il discepolo di una scuola rabbinica a “dottore della legge” con il diritto di essere chiamato rabbi e di essere salutato nelle piazze.
Gesù non aveva i titoli per essere un rabbi e le autorità religiose del suo tempo (escluso Nicodemo e pochi altri) non lo riconoscevano come tale e il suo gruppo di discepoli (di cui cosa inaudita facevano parte anche delle donne) non era considerata una scuola rabbinica: La frase di Gesù è in polemica con la posizione delle autorità religiose.
Grazie Alberto per l’attenzione con cui segui i miei commenti al Vangelo e per le integrazioni che proponi, particolarmente suggestive. Se potessi anche aggiungere alcune fonti dei tuoi studi potrebbero essere utili. Grazie.
… questa Chiesa fatta di pietre vive, di cuori di carne su cui lo Spirito scrive la legge nuova dell’amore.
E’ molto confortante per me sentire queste parole, che mi sembrano il cuore del discorso.
E sapere che Anche Pietro è una pietra viva, fatta di carne ed ossa, che si sbaglia e che si pente.
Grazie per questa tua riflessione.
Grazie a te per il tuo intervento!
A me suscita questa riflessione…
Chi è per me Gesù?
Qui la faccenda si complica perché mi mette in gioco
A Banjas… Cesarea di Filippo posso davvero comprendere bene cosa è la pietra, la roccia…
E allora proprio in quel luogo Pietro Ti riconosce
Ed è allora inconsapevolmente pronto a ricevere da Te il mandato.
E come lui anche io
Quando ti riconosco, quando colgo veramente Chi Tu sei per me
Che “Tu Sei “
È proprio allora che anche io posso diventare roccia, pietra: Forte di Te, forte in Te.
Questa riflessione aggiunge un significato interessante al Vangelo: grazie
Mi accorgo che il tono del mio contributo può esssere sembrato polemico. Non era mia intenzione; il mio intento è di dare integrazioni, come ha scritto Andrea.
1) Figlio dell’uomo. La fonte: Geza Vermès; Gesù l’ebreo; pag, 187-223.
Tra gli esegeti è una posizione minoritaria, ma ritengo sia ben documentata e sdrammatizza un problema che ha occupato studi infiniti e fiumi d’inchiostro, a mio parere inutilmente.
Gesù ha detto e fatto molte cose per mostrare la sua Signoria senza aver bisogno della profezia di Daniele. Bisognerebbe spiegare come mai scribi e dottori della legge, che non perdevano occasione per contestare Gesù non si siano mai attaccati a questa sua parola. Sostituire Figlio dell’uomo con il pronome personale di prima persona potenzia le parole di Gesù.
2) la pastorale ecclesiale ha scoraggiato…. Evidentemente non mi riferisco a “Tra le righe del vangelo” che è in chiara controtendenza e ha un approccio veramente nuovo al vangelo
3) Il clero ha portato via le chiavi… Una delle più grandi vergogne dell chiesa: il divieto di leggere durante la liturgia le sacre scritture in lingua volgare. Il divieto è stato tolto da Paolo VI sessant’anni fa. Negli anni 1950, il 60% della popolazione italiana era analfabeta o analfabeta di ritorno, tutti esclusi dalla conoscenza del vangelo, perché non potevano leggerlo nella traduzione italiana, né lo capivano, perché in chiesa lo annunciavano in latino. Nel caso andassero a catechismo dovevano imparare a memoria il catechismo di Pio X. Come potevano rispondere alla domanda “Tu chi dici che io sia?” ? La fonte: il divieto è Bolla dogmatica Auctorem fidei; Pio VI del 28/08/1974 (ma il divieto c’era già da diversi secoli); citata da Antonio Rosmini; Le cinque piaghe della Chiesa; ed. S.Paolo; pag. 47-48. Rosmini fu minacciato di scomunica se non ritrattava. Ritrattò in parte.
4) Assemblee comunità paoline e profetesse. Profetesse: 1Cor. 11,5; At. 2, 17; At. 21,9.
Tutti partecipavano:1 Cor. tutto il capitolo 14. In questo capitolo i vv. 34-35 sono in contraddizione con 1Cor. 11,5. Se uno è vero, l’altro non è di Paolo ma un’aggiunta.
5) Tutto ciò che legherai sulla terra… Che sia una formula per la nomina di un rabbino è nella Mishna, Non ho più il riferimento esatto. I testi che ne parlano Blinzer Joseph; il processo di Gesù; pag.105: Gesù non era un rabbino ordinato…;Joachim Jeremias; Gerusalemme al tempo di Gesù; pag. 400: Legare e slegare.. condizioni per essere rabbino.
Vedo con piacere la partecipazione di altre persone. Auguro che diventi come un’assemblea dei tempi di S.Paolo, on line
Caro Alberto ti ringrazio davvero delle ulteriori precisazioni e aggiunte. Anche di aver segnalato le fonti, che stimolano ad approfondire gli argomenti. Ricordo anche che a proposito dei contributi del mondo ebraico all’esegesi dei vangeli mi avevi a suo tempo segnalato il libro di Zolli “Il Nazareno” che mi sono procurato è spero di leggere presto, e Benedetto XVI ha citato ampi passi di un rabbino nei suoi libri su Gesù. Conosco anche Jeremías. Le esegesi che segnali sono di grande interesse (quella sul Figlio dell’uomo e quella sulla frase del “legare e sciogliere”). Cercherò di approfondirle! Grazie anche per il tuo apprezzamento del blog. Condivido l’augurio di una partecipazione costruttiva come quella su questo commento. Condivido la valutazione negativa sull’ignoranza delle scritture da parte del popolo. Lo diceva già san Gerolamo: ignorare le scritture significa ignorare Cristo. La Chiesa operò con Pio VI una ipercorrezione di fronte alla “sola scrittura” di Lutero. Ma togliere o proibire per evitare una esagerazione non educa e alla lunga impoverisce.