Per commentare il Vangelo della domenica 5 luglio 2020 utilizzo citazioni di un Angelus di Papa Francesco e della famosa meditazione del 27 marzo nella piazza di San Pietro vuota.
Mt 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Zaccaria dice alla figlia di Gerusalemme di esultare perché viene il suo re, umile, che cavalca un asino, vittorioso, e toglierà la guerra da Israele, “annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare”.
È una profezia sul Messia che deve venire.
Gesù nel Vangelo dice che è lui il re che porta la pace a ciascuno: “Venite a me voi tutti che siete stanchi oppressi, e io vi darò ristoro”.
E Papa Francesco chiarisce: “Il Signore non riserva questa frase a qualcuno dei suoi amici, ma la rivolge a tutti coloro che sono stanchi e oppressi dalla vita. E chi può sentirsi escluso da questo invito? Il Signore sa quanto la vita può essere pesante. Sa che molte cose affaticano il cuore: delusioni e ferite del passato, pesi da portare e torti da sopportare nel presente, incertezze e preoccupazioni per il futuro” (9-VII-2017).
Si tratta di muoversi, di non stare fermi: “venite” dice Gesù.
E di andare da Lui: “a me”!
Il 27 marzo scorso in una piazza di san Pietro deserta e sotto la pioggia che rendeva presente la tempesta del virus della pandemia che si è abbattuta sul mondo, il Papa descriveva la stanchezza di tutti: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati”.
Ancora una volta ci proponeva di andare da Gesù per trovare aiuto.
Ci mostrava Cristo crocifisso e Cristo nell’Eucaristia
“In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto”. E ci siamo ammalati.
Per guarire siamo invitati ad andare dal Signore anche se dorme: “Svegliati Signore!”.
Gesù ci risponde: “«Perché avete paura? Non avete ancora fede?»”.
E il Papa: “Non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. (…) L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai”.
Venite a me voi che siete affaticati e oppressi. Io vi darò ristoro.
Prendete su di voi il mio giogo, la mia croce. Imparate da me la mitezza e l’umiltà di cuore e sarete ristorati, risollevati.
Come fai a dire che il tuo giogo è leggero? Forse perché poi, se ti lasciamo fare, lo porti tu con noi, lo porti tu per noi.