Commento al Vangelo della quinta domenica di Quaresima (anno A)
Dall’ultimo dopoguerra, mai forse il vangelo della morte e risurrezione di Lazzaro è stato letto, dalle nostre parti, in un clima così vicino alle circostanze di quell’episodio.
Anche se la malattia di Lazzaro non dipese da epidemia, per ciò che sappiamo, ma la sua morte per malattia rapida e mortale è esperienza molto diffusa in molte famiglie oggi, a causa della pandemia in corso.
Avevo scritto questo commento mesi fa e ho cercato di attualizzarlo applicandolo al nostro oggi.
Gv 11, 1-45
In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».
I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà».(…)
Nella quinta domenica di Quaresima leggiamo l’episodio della risurrezione di Lazzaro, che comincia così nel racconto del Vangelo di Giovanni: dice della malattia di Lazzaro, e cita le relazioni tra le quali accade, ovvero le sorelle Marta e Maria, che ama Gesù, e il villaggio di Betania.
Le sorelle decidono di mandare un messaggio a Gesù, forse Lazzaro avrà detto di non stare a disturbarlo, ma loro sanno quello che vogliono e non hanno nemmeno bisogno di dire il nome del fratello: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”.
Lazzaro è “colui che tu ami”.
Non c’è neanche bisogno di dire: vieni presto a salvarlo. Lui capisce.
Il messaggio arriva nella comunità dei discepoli, e Gesù spiega: non è per la morte questa malattia ma per la gloria di Dio. E per questo non va.
In questi giorni di pandemia da Covid-19, con tante migliaia di morti, quante persone si commuoveranno nell’ascoltare questo Vangelo, e si identificheranno con Marta e con Maria e con il loro dolore e la loro aspettativa delusa.
Quanti Lazzaro sono morti dopo pochi giorni di malattia, e senza nemmeno il conforto di avere vicino Marta e Maria.
E non sono riusciti i medici, e non è arrivato il miracolo chiesto dagli amici e dai parenti.
Sembra che non si arrivato Gesù.
Oggi 24 marzo quando aggiorno questo commento scritto mesi fa, sento dire che sono morti 50 preti italiani soprattutto al nord, Bergamo, Milano, Brescia, Cremona… per questa epidemia.
Preti che hanno predicato tantissime volte questo vangelo, in questa domenica e nei funerali.
Che avrebbero potuto scriver un commento molto più bello di questo.
E innumerevoli volte lo avranno citato a persone che piangevano con loro.
Spiega l’evangelista, a scanso di equivoci: “Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro”.
Veramente tutto l’episodio è descritto in un contesto di amore: malattia, relazioni, comunicazione, spiegazioni, aspettativa delusa. Tutto è amore.
Quando Lazzaro muore, allora finalmente Gesù va, e Marta sente che sta arrivando e corre da lui
Lo raggiunge e mette in atto il proposito concordato con Maria, e gli dice: «Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto, ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù: «Tuo fratello risorgerà». Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita».
E Marta crede alle parole di Gesù.
Se crediamo in lui, anche se moriamo viviamo in lui, e non moriamo in eterno. Marta in realtà pensa che Gesù possa ridare la vita terrena a Lazzaro, come ha fatto con il figlio della vedova di Nain, e con la figlia dodicenne di Giairo.
Pensa: faccio agire Maria, che sa toccare il suo cuore.
E trova Maria chiusa nel suo dolore e seduta nella sua casa.
Dice a lei e a noi, sempre: «Il Maestro è qui e ti chiama».
Come sono passati i tempi in cui si innervosiva se Maria parlava a tu per tu con Gesù.
Maria mossa dall’amore e dalla speranza esce dal suo rifugio, alla luce.
Ecco questo sì che lo possiamo fare tutti, anche oggi: qualunque cosa sia successa.
Sapere che Gesù arriva e ci chiama. Correre da lui. Piangere con lui.
Maria corre e si getta ai piedi di Gesù e gli ripete anche lei la seconda preghiera unita e tenace che le sorelle hanno formulato insieme: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».
Ma la seconda parte della seconda preghiera, che a Marta è venuta così bene, a lei Maria rimane bloccata tra i singhiozzi del pianto.
E Gesù che con Marta argomentava, con Maria si commuove e si turba, perché non reagisce allo stesso modo di fronte alle nostre preghiere apparentemente uguali.
Cerca di cambiare discorso per non piangere ma non ci riesce perché è veramente uomo, e alla fine scoppia in un pianto dirotto e irrefrenabile.
«Guarda come lo amava!» dicono i Giudei.
Così fa Gesù, veramente uomo e Dio, di fronte al nostro dolore.
Ecco, a questo punto del Vangelo ogni persona colpita nel profondo dal dolore della scomparsa di parenti e amici e colleghi, può con verità pensare: Gesù piange con me, si commuove con me.
Da uomo soffre e piange di fronte al mistero del dolore in cui è immersa la vita umana.
L’ultima parte del Vangelo però si applica solo a Lazzaro e alle altre due persone che Gesù ha riportato in vita lungo la sua vita.
Sappiamo che sono casi rarissimi e che il Signore ha messo in atto per aiutarci a comprendere che lui è il Signore della vita e che la morte non ha l’ultima parola.
Per prepararci alla sua Risurrezione.
E ci potrebbe dire che lui non ha fatto risorgere nemmeno suo padre Giuseppe di cui pure soffrì tanto la morte e il distacco.
Non lo farà con sua madre Maria quando sarà giunto il momento di passare a vivere con lui nella dimensione dell’eternità e dopo una morte rapida se la porterà in cielo, risorta ma con una risurrezione come la sua che non finisce più.
I morti per il Coronavirus non torneranno in vita.
E allora come ascolteremo la fine di questo Vangelo?
Proviamo: Gesù va al sepolcro da Lazzaro che da quattro giorni sta cadavere dietro una pietra.
E combatte con la morte e la vince.
Togliete la pietra! E gli obbediscono. Lazzaro vieni fuori! E gli obbedisce. Liberatelo! e gli obbediscono. E lasciatelo andare!
Ecco: Gesù tu sei la risurrezione e la vita, donaci la speranza di fede di ritrovare i nostri cari nell’altra vita, la speranza di sapere che hanno una relazione con noi di aiuto e di ascolto delle nostre preghiere: una relazione che non finisce.
Donaci di sapere con più consapevolezza che non abbiamo qui una dimora permanente.
E se ci mettiamo al posto di Lazzaro dal punto di vista della vita spirituale possiamo pregare cosi: toglici le pietre di morte, fosse anche lo sconsolato dolore per la perdita di una persona cara, se adesso ci paralizza, che ci bloccano l’uscita verso la luce della fede.
Ridonaci una vita da risorti per gli anni che potremo vivere ancora sulla terra.
Liberaci dai legacci, da lacci e laccioli.
Lanciaci per le strade del mondo e della vita a dire a tutti da quale morte siamo stati liberati e quale Vita siamo chiamati a vivere sin da ora e a quale Vita futura potremo partecipare.