L’episodio di Emmaus, Cristo risorto che si avvicina a due dei suoi e fa la strada con loro spiegando le Scritture su di lui, è inesauribile, sempre attuale e sempre nuovo. Lo meditai nel mio libro sull’Eucaristia: HO DESIDERATO ARDENTEMENTE. INCONTRARE CRSTO NELL’EUCARISTIA mettendone in evidenza alcuni aspetti eucristici applicabili alla nostra vita quotidiana di cristiani. Riporto i miei commenti pubblicati, per aiutare ad avvicinare Cristo Risorto nel tempo di Pasqua e sempre, attraverso quelle parole del Vangelo.
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. (Lc 24, 13-14)
In quel giorno del Signore, giorno della luce che non tramonterà più, giorno della risurrezione che non morirà mai, giorno della vita che ha sconfitto la morte, che ha riempito di sé il sepolcro tutto nuovo e ha fatto saltare via la pietra immensa dei secoli, in quel giorno, proprio in quel giorno, due di loro scappano via. Vanno lontano, in un villaggio che dista sette miglia di anni luce da Gerusalemme, che è la città santa, il luogo del tempio, il posto del sacrificio, l’altare del calvario. E conversando tra loro – non sempre la conversazione tra amici è costruttiva – si confermano l’un l’altro nel proposito di fuggire lontano. Non credono che il Calvario sia stato il luogo del sacrificio offerto a Dio, per la nuova ed eterna alleanza con il suo popolo. Clèopa e l’amico non sanno di rappresentare il primo esempio di gita domenicale di fuga dalla Messa. Riposiamoci ad Emmaus, lontani dai clamori della settimana santa, speriamo che la distanza riesca a farci dimenticare quel sacrificio, di cui non comprendiamo il senso.
Mentre discutevano e discorrevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. (Lc 24, 15-16)
I due in preda alla loro crisi di fede scappano via dalla Messa e Gesù li insegue e porta a loro una singolarissima Messa domenicale di Pasqua, itinerante e a domicilio. Gesù fa il suo ingresso, discreto, in quella piccola comunità, ma non lo riconoscono, solo la fede permette di vedere Gesù dopo la sua risurrezione. Ma la fragilità della fede non è un motivo sufficiente per disertare la Eucaristia, che é medicina. A un adolescente che viveva un momento di difficoltà nella fede il saggio parroco consigliò: non abbandonare la Messa, ora ne hai più bisogno che mai. E’ come se tu, assetato, ti allontanassi dalla fonte dell’acqua limpida e fresca. Quel giovane gli diede retta. Anni dopo, nella stessa chiesa dove aveva accolto quel consiglio celebrava la sua prima Messa, l’anziano parroco accanto.
Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?” Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?” Domandò: “Che cosa?” Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. ( Lc 24 17-24)
Loro non sanno che stanno partecipando ad una prova simbolica di Messa pasquale. Gesù li accompagna a mettere in evidenza il loro problema, perché possano andare alla Messa ad offrire tutta la loro vita. A risolvere con la forza di Dio il loro problema. Li aiuta con le domande opportune a guardarsi dentro che é preludio del pentimento, necessario per partecipare degnamente all’Eucaristia. Che sono questi discorsi? Che sono questi pensieri che vi allontanano da
Gerusalemme? Come sono le vostro opere e le vostre omissioni?
Ed egli disse loro: ”Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. ( Lc 24, 25-27)
La parola di Gesù è chiarezza e luce che colpisce e scuote. In questa singolare Messa Pasquale la liturgia della parola non ha bisogno di lettori, è pronunciata da Lui senza intermediari. E copre una buona parte delle sette miglia percorse a
piedi. E’ un percorso nell’antico testamento, modello per le veglie pasquali del futuro. Anche il Vangelo è in presa diretta: dalle labbra di Gesù, che poi pronuncia un’omelia come dovrebbero essere tutte le omelie. Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze? E’ tema essenziale e quanto è difficile, anche oggi comprenderlo. Anche noi siamo stolti e duri di cuore. Cominciamo col fidarci di Gesù e della sua parola, anche se non capiamo. Ascoltiamo, deponiamo le critiche e la paura di soffrire, chiediamo luce allo Spirito santo. Scopriamo che la logica dell’amore richiama il dolore. Che il grano di frumento se non muore non dà frutto. Che la madre se non soffre
non dà la vita. Che occorre perdere la propria vita per accogliere la vita nuova di Cristo in noi. Era necessario che il Cristo si lasciasse mettere in croce dal nostro peccato per vincerlo per sempre con l’amore. Era necessario che si lasciasse vincere dalla morte per vincerla per sempre con la risurrezione. Per la nostra salvezza, per sconfiggere il peccato, il demonio e la morte, ultima nemica. Per guadagnare la risurrezione del nostro corpo, per sempre, alla
fine dei tempi. Era necessaria. Se non capiamo, almeno crediamo. Se non crediamo alla necessità del
mistero pasquale di Cristo, come potremo credere alla necessità della Messa che lo rinnova e lo applica a noi?
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro. ( Lc 24, 28-29)
Ha spiegato loro il significato divino della sofferenza di Gesù Nazareno, il Cristo. Li ha riconciliati con la sofferenza e quindi li ha riconciliati con la loro stessa vita. Clèopa e l’amico istintivamente si stanno per aggrappare a Lui. Pensano già in cuor loro che quel viandante ha qualcosa di singolare. Forse, perduto Gesù, Dio ha inviato sulla loro strada un altro maestro, per non lasciarli soli…Gesù non obbliga nessuno ad accettare la sua presenza, le sue parole, il suo sacrificio, la sua eucaristia. Vado più avanti, buona fortuna! Ma no, non ti conviene, si fa tardi, viene umido, col buio non si sa mai, le strade diventano insicure, anche Gesù citava quel proverbio che dice che si cammina di giorno, non di notte. Ti offriamo la cena, e un buon letto per riposare. Conosciamo il posto, ti troverai bene. Gesù accetta, si lascia vincere dall’insistenza. Gli brucia il cuore ma vuole che glielo diciamo: resta, vieni, continuiamo a parlare.
Ecco, così dovrebbe essere la nostra Messa, come un’insistenza: vieni, Signore Gesù, resta con noi, abbiamo bisogno di te. Il problema è rovesciato, non perché sono obbligato, perché devo andare, perché mi hanno insegnato
che guai se manco, perché c’è un precetto da compiere. Ma perché abbiamo bisogno di te, si fa notte nella nostra vita, il cuore arde se parli tu. La Chiesa ce lo ricorda: abbiamo bisogno di te. In un’isola sperduta nel Pacifico, abitata da aborigeni dell’Oceania, l’ultimo missionario era morto molti decenni prima. Non avevano più potuto da allora assistere alla Messa, non avevano più avuto l’eucaristia. Allora si radunavano la domenica ed esponevano al culto la patena sulla quale era stato deposto il corpo e il sangue, l’anima umana e la divinità di nostro Signore Gesù Cristo nascosto dalla
qualità, peso, colore, sapore del pane. Che libertà la loro! Non erano tenuti, ma sentivano il desiderio autentico di Gesù: vieni con noi, resta con noi, Signore Gesù! E Gesù rimane.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. ( Lc 24, 30-31)
Il cuore era pronto, preparato dalla verità conosciuta, dal calore della parola di Dio e dalla dedizione generosa del Figlio di Dio, andato in cerca di quelle pecore smarrite. Riscaldato dalla sua attenzione, dalla sua sicurezza, dalla sua forza. Dal suo fascino, dalla sua grazia. Dopo la tavola del cenacolo, l’altare del sacrificio è stata la croce; ora
torna ad essere la tavola. Tavola di Emmaus, odore di locanda. Là nel luogo quotidiano dell’ordinario ritrovarsi per il nutrimento di cui abbiamo bisogno essenziale per vivere. Nel luogo dove abitualmente, nella normalità dei giorni, si consuma il nostro più semplice comunicare e comunicarci in famiglia, tra gli amici. Così, così, ci dice Gesù, è la mia Eucaristia, essenziale per vivere da cristiani, da santi. Essenziale per la vita cristiana come il cibo quotidiano per vivere. Come la famiglia per amare. Così è la mia eucaristia, comunione degli amori. A Emmaus c’è la tavola. Dopo il lungo parlare c’è la comunione del pensiero; stanno insieme, sostano insieme. C’è la preghiera di benedizione, e c’è pure
quello spezzare misterioso, quello spezzare decisivo. E il dare a loro. Spezzare e dare. Spezzare e dare. Spezzare e dare: Gesù! Sei proprio tu! Riceviamo un solo pane, un unico pane, un unico Cristo, e diventiamo un unico
Cristo, un solo corpo, una sola Chiesa, un’unità. Quel pane spezzato e dato, è segno di tutto ciò. Quel pane spezzato, segno della morte di Gesù, quando fu divisa la sua anima dal suo corpo, quando fu tolta – spezzata –la vita da quelle membra. Solo così, ci vuole dire Gesù, poteva questa vita essere ripresa in modo nuovo e definitivo, ed esserci donata: attraverso il pane spezzato, il pane donato. Non è un caso che Gesù abbia voluto aprire i loro occhi con quel gesto.
Gesù ribadisce con loro l’insegnamento sull’eucaristia. Costruisce una vivente parabola eucaristica. Ora i vostri occhi mi riconoscono. Nel gesto già noto dello spezzare il pane. Ora posso scomparire dalla vostra vista, per abituarvi a ritrovarmi nel pane che è il mio corpo. Nel sacrificio della nuova ed eterna alleanza che resterà con voi ogni giorno, fino alla fine del mondo.
Ed essi si dissero l’un l’altro: ”Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”: Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!” ( Lc 24, 32-36)
Dopo la comunione con Gesù nascosto nell’eucaristia viene il momento del raccoglimento, del ringraziamento. Grazie Signore di essere venuto, di avermi ripescato sulla strada del mio sviarmi. Grazie per avermi parlato lungo la vita, grazie per la tua parola ascoltata anche durante la celebrazione dell’eucaristia, grazie per le tue spiegazioni che fanno ardere
il cuore. Grazie per essere entrato in me, nel mio corpo, nella mia anima. La tua presenza nell’anima mi riempie di energie, non ho più paura della notte. Mi sento rafforzato nella fede. Andrò dai miei fratelli per confermare anche loro nella fede. Il raccontarci tra noi gli avvenimenti sulla strada del ritorno da Emmaus, è molto diverso dai discorsi dell’andata. Ci raccontiamo come Gesù è venuto, ha parlato, ci ha spiegato, ci ha scosso, ci ha confortato, ci ha nutrito con il suo corpo, ci ha inviato dai suoi fratelli. E l’incontro con loro sarà in realtà uno scambio di doni.
Noi daremo e loro ci daranno. E nell’intimità dell’agape fraterna torneremo a vedere Gesù, a sentire Gesù che ci
dirà “Pace a voi!” La pace che sentite, che vivete è proprio la mia pace, quella che il mondo non può dare. Pace a te, per ora e sempre, per tutta l’eternità. Sentiremo, vedremo Gesù…E’ proprio lui!
Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma, non ha carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?” Gli offrirono una porzione di pesce arrostito, egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”:
Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finchè non siate rivestiti di potenza dall’alto”.
Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio. ( Lc 24, 37-53
Perché vi turbate nel contemplare quello che sembra sempre pane dopo le parole che il sacerdote dice in memoria di me: questo è il mio corpo! Nell’adorare il contenuto di quel calice, dopo che il sacerdote ha detto: questo è il mio
sangue! Perché sorgono dubbi nel vostro cuore nell’avvicinarvi a ricevere quel pane e quel vino
transustanziati? L’ultima volta che sono apparso a voi, non vi dissi di guardare mani e piedi, e di toccarmi
poiché non credevate ed eravate spaventati per la storia del fantasma, o pensavate
che fosse troppo bello per essere vero, e vi chiesi se avevate qualcosa da mangiare e avete tirato fuori la porzione di pesce arrosto messa da parte per Tommaso? E come la mangiai, davanti ai vostri occhi pieni di stupore?
Ricordate? Con il cibo vi passò la paura. Il cibo fu prova del mio essere uomo vero,
risorto e vivo. Ecco, con quelle prove si rafforzò la vostra fede. Ora perché vi dovreste meravigliare che io stesso mi faccia cibo per stare sempre con voi, per vincere le vostre paure? Oggi nascosto nell’eucaristia vi ridico le stesse cose, tranne di guardare le mani e i piedi e di darmi pesce arrosto; sono io, ora, che mi do a voi come cibo: sono proprio io! In una dimensione diversa, unica, non paragonabile con altre presenze al mondo. Per questo a volte vi sentite un po’ smarriti. Perché non potete assimilare la mia presenza eucaristica a qualcosa di conosciuto e sperimentabile. D’altra parte anche la mia risurrezione è cosa totalmente nuova, alla quale fate un po’ di fatica ad abituarvi. Lo Spirito Santo vi aiuta a credere a me risorto, a me presente nell’Eucaristia. E tornate alle vostre case, a Gerusalemme, con grande gioia.