In punta di piedi entro in un dolore infinito, la morte di Carmela che ha fatto da scudo alla sorella Lucia a Palermo. Leggo parole sagge del parroco ai compagni di scuola. Io, prete, sarei in difficoltà, forse piangerei in silenzio come Gesù pianse sull’amico morto. E tacerei, o direi: non ci sono parole. Ma da lontano provo a dire quello che mi torna in mente. Una ragazza ha dato la vita per salvare quella della sorella. Ha opposto il suo corpo all’assalitore In pochi istanti ha deciso il destino della sua vita. Mi risuonano le parole del Vangelo: <<Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici>> . E Gesù a quegli stessi amici: <<Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla… Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio…Non abbiate paura: valete più di molti passeri!>>. Come mettere insieme la certezza di non essere dimenticati da Dio mai, di valere più di molti passeri, con quella morte violenta?
Paolo scrive ai Romani: <<Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.>> A stento si trova, dice Paolo, e invece Lucia ha trovato subito pronta Carmela. Con la morte di Cristo, Dio dimostra il suo amore. Non salta agli occhi una somiglianza? Per trovare un senso a fatti che ci sconvolgono, possiamo guardare alla morte salvifica di Cristo e a quella dei martiri che lo hanno seguito? Il 10 ottobre 1982 Giovanni Paolo II entrava sul sagrato di san Pietro con il colore rosso dei martiri, nel giorno della canonizzazione di Massimiliano Maria Kolbe: era stato riconosciuto dalla Chiesa che il suo gesto di dare la sua vita per salvare un altro, era un martirio. Martire della carità. Diceva nell’omelia <<Da oggi la Chiesa desidera chiamare “santo” un uomo al quale è stato concesso di adempiere in maniera assolutamente letterale le suddette parole del Redentore.…ha rivendicato, nel luogo della morte, il diritto alla vita di un uomo innocente…ha riaffermato così il diritto esclusivo del Creatore alla vita dell’uomo innocente e ha reso testimonianza a Cristo e all’amore Dando la sua vita per un fratello… si è reso simile a Cristo…>>. Carmela ha dato la vita per salvare Lucia. Noi sacerdoti, che nella Messa preghiamo per lei, possiamo unire il suo sangue versato al calice di Cristo, sull’altare E chiedere a Dio che il suo sacrificio cooperi con Cristo a riempire questa generazione di Lui e del senso della sua vita. Aiuti a instaurare rapporti d’amore vero, pulito, fecondo. Là, nell’androne della casa, luogo dell’amore, un gesto d’amore vero si è opposto ad un amore falso. Sembra a noi che il vero soccomba nel sangue e invece vince, per sempre. Il nemico del genere umano fu omicida fin dal principio, ma con la croce di Cristo pensava di aver vinto e invece ha perso. La vita, l’amore, hanno vinto la morte.
Paolo scrive ai Romani: <<Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.>> A stento si trova, dice Paolo, e invece Lucia ha trovato subito pronta Carmela. Con la morte di Cristo, Dio dimostra il suo amore. Non salta agli occhi una somiglianza? Per trovare un senso a fatti che ci sconvolgono, possiamo guardare alla morte salvifica di Cristo e a quella dei martiri che lo hanno seguito? Il 10 ottobre 1982 Giovanni Paolo II entrava sul sagrato di san Pietro con il colore rosso dei martiri, nel giorno della canonizzazione di Massimiliano Maria Kolbe: era stato riconosciuto dalla Chiesa che il suo gesto di dare la sua vita per salvare un altro, era un martirio. Martire della carità. Diceva nell’omelia <<Da oggi la Chiesa desidera chiamare “santo” un uomo al quale è stato concesso di adempiere in maniera assolutamente letterale le suddette parole del Redentore.…ha rivendicato, nel luogo della morte, il diritto alla vita di un uomo innocente…ha riaffermato così il diritto esclusivo del Creatore alla vita dell’uomo innocente e ha reso testimonianza a Cristo e all’amore Dando la sua vita per un fratello… si è reso simile a Cristo…>>. Carmela ha dato la vita per salvare Lucia. Noi sacerdoti, che nella Messa preghiamo per lei, possiamo unire il suo sangue versato al calice di Cristo, sull’altare E chiedere a Dio che il suo sacrificio cooperi con Cristo a riempire questa generazione di Lui e del senso della sua vita. Aiuti a instaurare rapporti d’amore vero, pulito, fecondo. Là, nell’androne della casa, luogo dell’amore, un gesto d’amore vero si è opposto ad un amore falso. Sembra a noi che il vero soccomba nel sangue e invece vince, per sempre. Il nemico del genere umano fu omicida fin dal principio, ma con la croce di Cristo pensava di aver vinto e invece ha perso. La vita, l’amore, hanno vinto la morte.
don Andrea Mardegan, Avvenire, domenica 4 novembre 2012, Rubrica Sed semper amor.
Grazie! Con le sue parole colgo molto di più che il significato del Nuovo Testamento è radicale. Altrimenti, letto mantenendomi a distanza, mi viene solo da dire: non sarò mai all'altezza e non mi capiterà mai una cosa del genere!
Ma per salvare in Dio un'altra persona, rinunciando totalmente a se stessa come ha fatto Carmela, si può non essere speciali?
E poi, quale altro insegnamento per me, a favore delle persone che incontro, per essere pronta in quel modo anche se di fronte non ho aggressori?
Anche a me questo episodio tragico della nostra vita sociale e di una famiglia che starà soffrendo in modo per noi non immaginabile,e il Vangelo riletto per farvi un po' di luce, mi ha parlato della radicalità del Vangelo. L'insegnamento della Chiesa sul martirio è che nessuno può senza un aiuto speciale di Dio. La stessa cosa possiamo anche dirla della vita di tutti i giorni, quando siamo chiamati a essere martiri senza morire, ma a dare la vita a piccoli sorsi. Anche lì senza l'aiuto di Dio non possiamo nulla. Ma con il suo aiuto possiamo tutto, come insegna san Paolo. Tutto posso in colui che mi da la forza.
grazie don Andrea, per me è una prospettiva davvero rinnovata sapere che in ogni momento gli aiuti di Dio sono quelli che occorrono. Capisco meglio che la vita e la morte di Carmela possono veramente parlare di Dio a ciascuno.
mi piace d. Andrea questa nuova pagina! mi piace perchè a volte non è solo il vangelo che diventa luce ai nostri passi, ma è la nostra vita che diventa vangelo, come quella di Carmela! Vangelo vivente…Grazie
Ester è molto bello quello che scrivi, anch'io lo penso. Dato che sono una che ha famiglia e lavoro dalla mattina alla sera, molto volentieri, sono abituata a dare ragione di ogni scelta e quindi anche a vivere così la fede.
Mi fai capire meglio che dalle relazioni che si instaurano con le altre persone può emergere il Vangelo, visibilmente. Forse come è successo a Carmela. Se ci conoscessimo potremmo continuare a parlarne!
Giulia grazie! Io, anche se non è che prego tanto, penso che il vangelo è bello quando lo si vede nella nostra vita: quando ti accorgi che quella carezza ha il sapore delle mani di Gesù; quando quel gesto di perdono assomiglia a quelli che faceva Lui; quando ti passa accanto qualcuno che sta proprio spendendo la sua vita per amore… e allora ti fermi stupita a guardare, perchè questa 'cosa' proprio assomiglia a Lui, e forse è ancora Lui presente in noi….
Ma… io penso così, ma poi magari d. Andrea, mi dà una raddrizzata se non sono proprio 'ortodossa'